Architetture software distribuite: i vantaggi dei microservizi

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Architetture distribuite software vs monolite

Quando si parla di architetture software, ci si riferisce “all’organizzazione di base di un sistema, espressa dai suoi componenti, dalle relazioni tra di loro e con l’ambiente e dai principi che ne guidano il progetto e l’evoluzione.”

La scelta dell’architettura applicativa giusta è importante perché è il primo step su cui si baserà l’intero processo di sviluppo ed è quindi parte della fase di pianificazione strategica, condotta normalmente a stretto contatto con il cliente. È proprio in base agli obiettivi del cliente che l’azienda di sviluppo software opta per un’architettura piuttosto che un’altra, ma non solo: è importante considerare anche gli aspetti tecnici e gestionali. Ad esempio, si deve considerare:

  • La frequenza di rilascio degli aggiornamenti;
  • Le funzionalità richieste e le esigenze di sviluppo.

In base alle necessità del cliente, il team di software architect sceglie la soluzione migliore in modo da offrire nuovi servizi e nuove funzionalità nel minor tempo possibile e di rispondere tempestivamente alle nuove richieste di sviluppo.

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Le architetture software attualmente sul mercato possono essere classificate essenzialmente in cinque categorie:

  1. Monolitica;
  2. Su più livelli;
  3. Microservizi;
  4. Guidata dagli eventi;
  5. Service Oriented Architecture (SOA).

Architetture software distribuite: il passaggio dal monolite ai microservizi

Tra le tipologie di architetture software distribuite presenti in elenco, la soluzione più moderna è senz’altro quella basata sui microservizi. Combinati con le API e l’approccio DevOps, questa architettura è alla base delle moderne cloud native application e la scelta più ovvia nella modernizzazione o nello sviluppo da zero di un software.

Nonostante questo, la tradizionale architettura monolitica si trova ancora alla base di numerosi software: non tutte le aziende hanno infatti provveduto a ristrutturare i propri applicativi e passare ad architetture distribuite a servizi.

In una tipica applicazione web-based, l’architettura monolitica prevede un’interfaccia utente gestita dal browser, una logica applicativa gestita da un Web server, ed un database eventualmente ospitato su una macchina diversa da quella del Web server (per ragioni di sicurezza). Si può quindi definire monolitica qualsiasi applicazione costituita da una singola unità centralizzata che racchiude in sé tutti i componenti necessari all’espletamento delle funzionalità per cui è stata sviluppata ed è rilasciata in un unico pacchetto.

Nonostante gli innumerevoli svantaggi di un applicativo così centralizzato, ci sono alcune ragione per le quali le aziende non hanno ancora provveduto al passaggio all’architettura a microservizi:

  • L’impostazione e la gestione dei servizi devono essere automatizzate, altrimenti i costi di manutenzione potrebbero aumentare;
  • L’azienda utilizza un software legacy: in questo caso potrebbero crearsi delle incongruenze tecnologiche e malfunzionamenti;
  • Il passaggio dal monolite ai servizi comporta tempi progettuali piuttosto lunghi.

Questo ultimo aspetto è in realtà stato superato dal nuovo approccio alla migrazione dal monolite ai microservizi: dal big bang al lift and shift. Invece che lavorare sull’intera architettura fino alla dismissione del monolite, il lift and shift prevede l’estrazione di servizi dal monolite: una volta portati su container e terminata la fase di creazione dell’architettura a servizi e la migrazione in cloud, il monolite viene dismesso.

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Tipologie architetture software: perché scegliere le architetture a servizi

Le architetture software distribuite a servizi si basano sul concetto di modularità: i servizi sono indipendenti, auto consistenti, e comunicano tra loro esponendo API. Con un’architettura disaccoppiata, ogni servizio è completo di ogni componente per essere deployato. I vantaggi di un’architettura a microservizi sono molteplici:

  • Resilienza ai guasti: la momentanea indisponibilità di un servizio, non coinvolge le altri parti dell’applicativo;
  • Grazie all’isolamento e alle porzioni di codice contenute, gli interventi sono più rapidi e sono gestiti da diversi developer;
  • I tempi di rilascio di nuove funzionalità sono ridotti;
  • Ogni singolo servizio è scalabile.

Inoltre, questa architettura software facilita l’implementazione di tecnologie innovative, garantisce maggiore flessibilità e velocità di delivery.

Architetture software basate sui servizi e i container

Quando si opta per architetture software distribuite a servizi, la strada consigliabile è quella di eseguire i singoli servizi all’interno di un container. Questo perché i container sono ambienti operativi isolati e quindi si sposano perfettamente con il disaccoppiamento dei microservizi.

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L’unione di un’architettura a microservizi a una soluzione a container permette:

  • Di eseguire il servizio in pochi secondi (a differenza di una macchina virtuale che impiega alcuni minuti), massimizzandone l’agilità;
  • Ridurre la diffusione delle vulnerabilità grazie all’isolamento dei container;
  • Ai servizi di comunicare più facilmente tra loro;
  • Replicare più istanze di microservizi in un cluster. In caso di errore di una istanza, l’applicazione sarà comunque in grado di utilizzare le altre istanze nel cluster e continuare a funzionare.

Per sfruttare al meglio la tecnologia dei container, è possibile implementare una soluzione di container management (come Docker) che permette di automatizzare il deploy degli applicativi in container molto leggeri che possono funzionare in ambienti diversi. Caratteristica importante dei container è infatti la portabilità.

L’implementazione di architetture software distribuite e l’esecuzione di servizi su container è sicuramente uno degli step tecnologici necessari per modernizzare i propri applicativi, renderli più agili e sfruttare al massimo le loro funzionalità.

 

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