Big Data Analysis e Retail – 7 casi d’uso

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Ovvero, come sta cambiando la vendita al dettaglio nell’era della big data analysis e come i retailer possono usare i big data a vantaggio proprio e dei propri clienti

Big Data Analysis e retail: la creatività al servizio del dato

Fino a qualche anno fa, il marketing era il pane quotidiano dei creativi: le campagne vincenti si basavano su idee straordinarie di personalità geniali, capaci di prendere la decisione giusta al momento giusto, senza davvero poterne prevedere gli esiti.

Oggi, purtroppo o per fortuna, la creatività non è più l’unico elemento fondamentale di una campagna di marketing vincente: alla base ci sono i dati, immagazzinati, aggregati, interpretati ed usati nel modo giusto.

Oggi gli esperti di marketing possono fare affidamento sui dati per ideare e testare le loro strategie. E anche se i dati non potranno mai sostituire la creatività umana, possono sicuramente fornire strumenti efficaci per migliorare le prestazioni di una campagna di marketing.

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Big Data Analysis e retail: dati integrati per business multicanali

I retailer del 2019 sono ormai presenti negli store fisici come sul web, altrimenti, semplicemente, non esistono. E sono presenti con una strategia che deve essere necessariamente omnicanale, deve cioè offrire un’esperienza di acquisto univoca ai clienti. Non ci possono essere prodotti o servizi solo per il web o solo per gli store. Il cliente è esigente e sa quello che vuole: desidera poter iniziare un acquisto online e concluderlo in negozio o viceversa, senza soluzione di continuità.

Ma l’omnicanalità non è solo una sfida che i retailer devono affrontare, bensì è prima di tutto un’opportunità: dal comportamento online dei propri clienti possono imparare tanto. Di più: a partire dall’analisi dei dati sui comportamenti di acquisto integrati (online e offline) possono impostare le proprie campagne di marketing su dati davvero significativi.

Ma non finisce qui. Possono impostare campagne e attivare promozioni completamente personalizzate sulle esigenze e le aspettative del singolo cliente. Possono offrirgli una consulenza ed un supporto “intimo” e personale: in questo modo l’atto dell’acquisto torna ad essere un’esperienza.

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Big Data Analysis e retail: al centro il cliente e la sua esperienza di acquisto

È finita l’era dei grandi discount impersonali, con addetti di negozio inesperti e disinteressati al contatto con il cliente: gli store manager di oggi dovranno assomigliare di più al negoziante di una volta, che, al momento dell’ingresso in negozio del cliente abituale, sapeva già quali fossero i suoi gusti e di cosa, probabilmente, avrebbe avuto bisogno quel giorno.

Grazie alla data analysis, questo diventa di nuovo possibile: l’addetto può sapere quali prodotti il cliente che entra in negozio ha visionato online, quali desidera assolutamente (magari perché sono nella sua wishlist), cosa ha acquistato in precedenza (online, in quello store o negli altri della catena), con che frequenza ecc… E tutto questo senza averlo mai incontrato prima.

E la privacy? Il consumatore esperto è disposto a condividere i suoi dati con i brand a cui è legato, purché (ed è una condizione importante) li utilizzino per fornirgli un servizio speciale, migliore, per coccolarlo e farlo sentire speciale. Non certo per l’invio di newsletter massive.

(Fra parentesi, secondo il 2018 Marketing Benchmark Report di IBM, il click through rate delle newsletter del settore retail si aggira intorno al 3%, il che non è certo un risultato incoraggiante).

7 casi d’uso per i retailer alle prese con i big data

Ma veniamo al dunque, cosa può fare la big data analysis per il settore retail?

Vediamo 7 casi d’uso:

  1. Fornire un’esperienza d’acquisto unica: in base alla cronologia degli acquisti di un cliente ed al suo comportamento sull’e-commerce, i retailer possono prevedere ciò che probabilmente acquisterà in seguito. Potranno così utilizzare l’analisi dei dati per anticipare la domanda dei loro clienti e offrire una customer experience perfetta (che ne aumenterà la fidelizzazione).
  2. Attivare campagne promozionali personalizzate: il cliente omnicanale si aspetta promozioni personalizzate e prezzi dinamici, sia online che nello store fisico. Grazie all’analisi dei big data, i retailer possono praticare politiche promozionali aggressive a cluster di clienti targettizzati.
  3. Prendere decisioni informate: le aziende potranno prendere decisioni informate, basandosi sull’unica fonte davvero attendibile, i dati dei loro prodotti e clienti. Grazie a questi, potranno prendere decisioni affidabili, ad esempio, sulle promozioni, i prezzi e le scelte dei prodotti da inserire a catalogo.
  4. Fare previsioni accurate: grazie all’analisi delle tendenze storiche (sempre più accurate perché integrate con tecniche di machine learning) i negozi conosceranno i volumi di acquisto dei prodotti nei vari periodi dell’anno e quindi potranno organizzare di conseguenza i rifornimenti o la produzione. Non solo, un’analisi del sentiment e dei social media potrà aiutare i retailer ad individuare le future tendenze del mercato, e, quindi, ad individuare con largo anticipo gli articoli che non potranno mancare in negozio.
  5. Aumentare la propria reattività: Grazie a processi di analisi continua, i retailer potranno adeguare le loro decisioni in real time, in base alle variazioni del mercato e dei loro clienti.
  6. Ottimizzare i prezzi: l’analisi dei big data permette di imparare non solo da se stessi ma anche dalla concorrenza. Sulla base dei prezzi applicati dai propri competitor, i retailer potranno identificare una strategia di pricing vincente per i prodotti di punta dell’azienda.
  7. Migliorare la supply chain: Conoscere con precisione i volumi di domanda attesi è fondamentale anche per ottimizzare lo stoccaggio della merce, i periodi di staging in magazzino ed i percorsi di consegna. Facendo affidamento su previsioni di domanda precise, i retailer possono ridurre i costi logisitici e quindi applicare politiche di pricing più aggressive rispetto alla concorrenza.