Gli strumenti informatici al servizio dello smart working

28.02.2020
triangolo

Smart working: significato e vantaggi

La tendenza delle imprese, soprattutto di grandi dimensioni, di mettere in pratica modalità di smart working è in crescita, anche se la sua distribuzione, almeno in Italia, è a macchia di leopardo.

Specifichiamo prima di tutto la definizione di lavoro agile e la differenza con un altro concetto: il telelavoro.  Con il telelavoro, la prestazione lavorativa viene svolta da un luogo diverso dall’ufficio fisico (spesso la propria casa) ma le attività e spesso anche gli orari rimangono gli stessi; nel caso dello smart working invece, oltre a lavorare da remoto, il lavoratore utilizza tecnologie che lo rendono autonomo dal luogo fisico, tanto che l’ufficio, in certi casi, non è necessario che esista. In particolare, lo smart working si caratterizza per una piena flessibilità del lavoratore: flessibilità negli orari, ma anche nell’organizzazione del lavoro e nella gestione dei task quotidiani e di piena responsabilità del dipendente della gestione degli obiettivi da raggiungere.

Lo scopo del lavoro smart è innanzitutto l’aumento della produttività del singolo lavoratore, conseguenze del miglioramento della qualità della vita. Lo smart working garantisce infatti flessibilità su tutti gli aspetti lavorativi e di conseguenza sugli aspetti personali del lavoratore. La spinta verso modalità di lavoro agile non viene solo dagli impiegati e dalle aziende ma anche da esigenze collettive: la diminuzione dell’inquinamento nelle grandi città e quindi la possibilità di respirare aria pulita, la riduzione delle emissioni di CO₂ derivante dai trasporti, con il conseguente impatto positivo sulla lotta ai cambiamenti climatici, tema centrale per l’opinione pubblica.

Nel 2019 in Italia erano presenti solo 570 mila smart worker contro, ad esempio, i 5 milioni e quattrocento mila del Regno Unito. Questo banalissimo dato porta a riflettere sulla necessità di un profondo cambiamento culturale all’interno delle aziende italiane che porterebbe all’aumento della produttività, alla riduzione dei costi e di effetti collaterali del lavoro standard.

Gli strumenti IT indispensabili per lo smart working

Possiamo fare due esempi per riassumere i concetti di telelavoro e di smart working: lavorare da casa piuttosto che dall’ufficio perché è necessario gestire gli ordini di un mercato con fuso orario diverso è telelavoro; lavorare come graphic designer da casa o da un ufficio condiviso o da una caffetteria agli orari che si preferiscono, utilizzando tecnologie per la connettività, è smart working.

Entrambe le situazioni richiedono ovviamente l’utilizzo di determinate tecnologie, software o piattaforme: nel caso del telelavoro sarà appunto necessario utilizzare gli strumenti che normalmente si usano in ufficio, accedendo tramite web o attraverso la VPN aziendale. Il lavoro agile nasce in particolare con l’avvento delle partite iva e con i lavori creativi, ma da qualche anno è una realtà anche all’interno delle aziende più strutturate.

Venendo alle tecnologie per lo smart working, le piattaforme di condivisione dei file come Google Drive sono di fondamentale importanza perché permettono di apportare modifiche ai documenti da parte di tutti i collaboratori a quel determinato progetto e le modifiche sono visibili a tutti in real-time.

Per mettere in comunicazione i dipendenti dislocati in luoghi diversi è poi importante fornire loro una piattaforma di messaggistica comune: è possibile scegliere tra migliaia di piattaforme differenti, a seconda del tipo di attività che si svolge.

L’utilizzo del cloud è un elemento fondamentale: permette di poter accedere ai propri applicativi da remoto delegando il controllo della sicurezza alle capacità ed alla competenza del provider che fornisce il servizio di hosting. Esponendo invece il proprio software on premise verso l’esterno, per farvi accedere i dipendenti da remoto, impone che l’aspetto della sicurezza sia gestito con propri mezzi e risorse per evitare che la propria rete ed infrastruttura sia esposta ad accessi indesiderati.

Migrando il proprio software on premise su uno spazio cloud, al quale si accede in totale sicurezza da qualsiasi postazione, anche da una rete pubblica poco sicura, come quella di un bar, permette di minimizzare tale rischio. Per agevolare il passaggio dei propri applicativi dal server locale al cloud, è necessario che questi siano strutturati secondo un’architettura che si sposa pienamente con le esigenze di un cloud, per es. basata su microservizi e container. In tal senso il consiglio è quello di possedere o richiedere competenze tecnologiche come quelle fornite da una software house che tramite i propri servizi professionali può sviluppare soluzioni personalizzate per le proprie esigenze di smart working o adattare l’architettura di software più obsoleti.